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Scarti di lavorazione del MARMO.
La estrazione e la lavorazione di questo minerale produce una quantità notevolissima di rifiuti da smaltire. In tutte le fasi, di estrazione, taglio e lavorazioni del marmo, si producono scarti di materiali che possoni riassumersi in:
- pezzame, sono residui di lavorazione derivante dal taglio di blocchi o lastre di marmo che, secondo le norme ambientali attuali, possono essere classificati come rifiuti recuperabili o sottoprodotti;
- cocciame, sono residui di dimensioni più piccole del cocciame; può essere trattato come il pezzame;
- scheggie, sono frammenti irregolari piuttosto sottili, acuminati o taglienti, che si staccano da una materia dura e frangibile come è, per l'appunto, il marmo; possono essere recuperate allo stesso modo del cocciame;
- polveri, la lavorazione del marmo genera polvere che può causare inizialmente irritazione agli occhi e poi problemi sul sistema respiratorio. Per questo motivo le polveri sono abbattute dall'acqua che, a sua volta è avviata all'impianto di depurazione che genera il fango (slurry) in parte disidratato (marmettola).
La lavorazione comporta la produzione di sfridi che, pur qualitativamente identici sotto l’aspetto chimico, si differenziano per quello fisico, a causa delle diverse dimensioni.
Le operazioni di taglio e rifilatura del marmo portano alla produzione di residui sotto forma di spezzoni in varie dimensioni: il cocciame e/o rottame.
Gli sfridi derivanti dalla segagione e lavorazione della pietra possono oscillare da un minimo del 35% a un massimo del 75 % della unità fisica. Dunque da 100 kg di marmo (blocco) in entrata, si può ricavare anche solo 25 Kg di prodotto finito, i restanti 75 kg costituiscono il rifiuto.
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